Renato Zero

La pace sia con te (1998)

Sembra un’altra persona, tutt’altro artista, quello che canta una canzone che prende il titolo da un saluto liturgico e che non fa mistero delle sua tensione verso il trascendente. Sembra contraddittorio che chi è stato l’emblema della trasgressione, cantando vent’anni prima Il Triangolo o Il Baratto, adesso proponga un brano che sembra fustigare ogni tentativo di trovare nell’immanente l’appagamento del desiderio di vivere. Ma La pace sia con te non solo non è in antitesi con il primo Renato Zero, ma è forse il culmine di una carriera artistica mai banale e mai futile, nonostante lustrini, paillettes e costumi tanto mirabolanti quanto vistosi. Anzi, proprio anche con l’uso spregiudicato, volutamente sfacciato, di tali orpelli il giovane Renato Zero, utilizzando le armonie più classiche e le melodie più cantabili e riconoscibili, ha scardinato il concetto dell’innocuità della canzone (o della canzonetta), tanto più caratterizzata dal motivetto allegro e cantabile, tanto meno esposta ai rischi di diventare pericoloso veicolo di idee divergenti. Ma Il Triangolo o Il Baratto, non sono solo canzoni superficialmente provocatorie la cui eco si estingue nella pruriginosa sorpresa del testo o nell’ostentazione (o, direi meglio, della disorientante strumentalizzazione) di un’ambiguità sessuale connotata dalla gioiosità e non dalla colpa che postula tanto tormento e altrettanta infelicità. La ricerca dell’artista va oltre, non si ferma a quest’aspetto. Il vero tema è la comprensione di se stessi e il raggiungimento di quell’appagamento che solo può essere raggiunto con il confronto con la verità delle cose. E in questo anche il giovane Renato Zero ubbidisce a istanze per certi versi assimilabili a quelle religiose. La pace sia con te, in perfetta coerenza quindi con quanto il cantante aveva già espresso negli anni precedenti, è un inno, dal singolare e suggestivo testo, in cui il continuo bisogno di ricerca di autenticità di vita e l’indisponibilità al superficiale e vano affaccendarsi sono sottolineati, in antifrasi, dalla cellula melodica che consiste, prima, in un’unica nota ribattuta molte volte, poi, in una melodia che si muove solo per gradi continui, faticosamente, come faticosa e legata all’immanenza è la condizione di chi sta cercando qualcosa che non dia “ancora insoddisfazione”. Solo alla fine tale frustrante immobilità si dispiega, nella catartica intonazione del saluto del titolo, in una linea melodica più articolata e ora non più sostenuta dalla severità dell’organo ma dalla più morbida sonorità degli archi. E agli ipercinetici balletti di vent’anni prima ora si sostituisce una scelta scenica sconcertante e inusitata: Renato Zero resta, per tutto il tempo dell’esibizione, quasi completamente immobile in una posa ieratica, come a sua volta incorporato e incluso dentro dei sacri paramenti fanta-tecno-futuristi. Un sacerdote di un lontano pianeta, in un lontano tempo, su un bizzarro pulpito alieno, con il contrappunto dei ballerini che sembrano contorcersi e avvilupparsi ai piedi del cantante nel tentativo, premiato solo alla fine, di ritrovare lo slancio verso la verticalità. Ma sempre “in bilico”, in un difficile equilibrio degli opposti che solo l’amore può tentare di conciliare.

Fonte: Youtube

Canale: Noi che Zerolandia

2 pensieri su “Renato Zero

  1. Grazie per il gradito intervento, e grazie soprattutto per aver citato un altro dei vertici del percorso artistico di Renato Zero, “Spalle al muro”, magnifico brano composto dai Marinella Nava, la cui sensibilità, unita a perizia tecnica, avrebbe certo meritato molta miglior fortuna di quella che le è stata riservata dal troppo distratto mondo della musica leggera. Renato Zero, presentando con incredibile coraggio questo brano a Sanremo ’91, spiazzò tutti, sia per il tema inusitato e sgradito, la vecchiaia, sia per la forma musicale davvero inconsueta, una marcia funebre. Niente di più terribile e di più antifestivaliero. Un doppio schiaffo per chi poteva ancora continuare a ritenerlo un colorato e pruriginoso fenomeno baracconesco.

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