Però mi vuole bene (1964)
Professionali, precisi, intonati, sempre strepitosi. Insieme sono stati una macchina da spettacolo perfetta che ha sempre prodotto risultati di altissima qualità. Sempre capaci di un’esibizione canora brillante ma di tradurre ogni brano in un piccolo spettacolo in sé del tutto compiuto. Ogni loro brano è una “storia” che viene dipanata agli occhi dello spettatore sempre con garbata ironia, facendo leva sugli intrinseci aspetti musicali del brano e scartando sia le facili scorciatoie delle grasse allusioni, che le sempre efficaci vellicazioni nostalgiche dell’appello alle melodie del tempo “di quando eravamo giovani”.
Anche Però mi vuole bene risponde a queste caratteristiche: un vero e proprio romanzo in tre minuti ma… un romanzo nero che si tinge di umorismo e di voglia di scherzare, con leggerezza, con un argomento tabù, in particolare nel mondo dello spettacolo: il lutto. Ma solo il Quartetto Cetra, negli anni compresi tra la legge Merlin e quelli immediatamente precedenti la grande battaglia ideologica e politica sul divorzio, con tutta la strumentalizzazione retorica della fondamentale bontà di ogni dinamica familiare (e ricordiamo che negli stessi anni usciva il film “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi che narrava anch’esso l’intero percorso per arrivare a una…. particolare soluzione al problema dell’inammissibilità del divorzio in Italia), potrà presentare senza scandalo una canzone che, pur con lo schermo dell’ironia, risulta molto poco ortodossa.