Gianni Togni

Luna (1980)

L’educazione sentimentale a cavallo tra i politicamente impegnati anni ’70 e il felice disimpegno del decennio successivo. La canzone (sicuramente una delle miglori dei due interi decenni) riesce ad essere un ritratto disincantato, ma affettuoso e partecipe, di un percorso di crescita, con tutte le titubanze, contraddizioni, marce indietro, che inevitabilmente accompagnano un cammino dalla direzione non scontata.

Il testo, costruito sapientemente sulla sovrapposizione di immagini molto accattivamenti, esprime molto bene le inquietudini e le incertezze di un’intera generazione (vale per tutti il verso: Ho mille sogni nel cassetto: non l’apro più!). L’ammiccamento a Leopardi è fatto sempre con discrezione e intelligenza, così come tutte le altre allusioni letterarie.

Anche musicalmente è molto interessante e riecheggia un rock ormai senza più mordente e senza più convinzione, come la melodia che, sinuosamente, cerca uno sviluppo e un dispiegamento che non trova, così come le progressioni che non trovano la risoluzione. Come le velleità, forse generose ma senza sbocco, di una generazione lontana dal paradiso.