Carlo Muratori

Si maritau Rosa

(Canzone Tradizionale)

Ogni siciliano ha un angolo riservato nel proprio cuore per questa canzone. Immancabile in qualsiasi manifestazione, eseguita sia a livello amatoriale che da grandi professionisti (vedi la versione del tenore Roberto Alagna), Si maritau Rosa ha perfino avuto la forza, pur narrando in prima persona la storia di una ragazza, di essere normalmente interpretata, ma sempre declinata al femminile, anche da voci maschili.

Non è facile comprendere le ragioni di tanto favore popolare. L’argomento sembra, a una distratta lettura, già ampiamente trattato da numerose altre canzoni ma… ecco la traduzione ad sensum dal siciliano (esistono tuttavia, come in ogni canzone tradizionale, numerose varianti):

Si è sposata Rosa

E’ arrivata la primavera, le mandorle fioriscono, a me un fuoco d’amore mi ha incendiato il cuore

Gli uccellini si rincorrono cinguettando di quelle cose belle che mi fanno sognare.

RIT: Si è sposata Rosa, Saretta e Giuseppina ed io, che sono bella, mi voglio sposare

Si è sposata Rosa, Saretta e Giuseppina e lei che è così bella si vuole sposare

Tanti bei ragazzi passano da questa strada, ma nessuno dà uno sguardo alla mia casa

Certo che questo desiderio distrugge la mia vita, mi voglio fidanzare, mi voglio sposare

Quando le notti passano nella mia casa mi prende un pensiero che non mi fa più dormire

Piano piano socchiudo la porta e mi rendo conto di essere la più giovane, e resto a piangere

La dote l’ho già avuta, la casa l’avrei anche, nubile non voglio rimanere, grandina sono già…

La colpa è di mia madre, mi tiene ritirata, ma ora tutto il giorno andrò di qua e di là

Le immagini che si rincorrono sono quelle tipiche della letteratura amorosa: gentili fanciulle sospiranti, l’imminente primavera, i mandorli in fiore, gli uccellini cinguettanti: l’eco di un catalogo della poesia trobadorica o stilnovistica. Ma il “fuoco d’amore” prende una direzione non del tutto consona alla nostra sensibilità moderna: “Mi voglio sposare”! Nulla viene detto dell’ipotetico pretendente e in realtà l’unica caratteristica che importa è che sia un pretendente… conveniente. Lo struggimento d’amore è contestuale alla realizzazione dell’atto principale che, all’interno della società siciliana, era, per una ragazza, il matrimonio. In realtà non c’è nessuna contrapposizione tra amore e convenzione sociale, semplicemente le due cose sono come due facce di un’unica necessità: la realizzazione di sé attraverso il compimento di quanto già previsto e prescritto dalla coscienza collettiva. L’amore che quindi scaturisce non, come in Giulietta e Romeo, contro la società, ma che è concepibile e può trovare l’intrinseca motivazione di esistere solo nel dispiegarsi delle norme del vivere sociale (come sottolineato nella seconda parte del ritornello in cui, in quasi tutte le versioni, un coro, replica, sottolineando con solennità, quanto espresso dalla protagonista e suggella la piena legittimità del suo desiderio perfettamente in linea con quanto riservato e richiesto a una ragazza della sua condizione). Eppure, anche se su un crinale strettissimo e particolarmente scomodo, Si maritau Rosa riesce ancora a trovare uno spazio di atemporalità e forse anche di modernità per ciò che costringe a mettere a fuoco: la riflessione su quanto i nostri sentimenti siano la risultanza di diversissime istanze, di bisogni, di desideri, di costrizioni di cui abbiamo più o meno coscienza. L’amore è un sentimento complesso fatto anche di interazione con gli altri, convenzionalità (nel senso etimologico del termine), di reciproca accettazione di sé e degli altri, coscienza di sé all’interno del mondo. Questa canzone riesce così a esprimere con semplicità ma con grande forza rappresentativa quello che è sempre stato, ed è (come dimostra il recente dibattito su cosa deve essere inteso, anche dal punto, di vista giuridico, per famiglia), il bisogno di amare in un contesto di serena condivisione.

Tra le centinaia di versioni proposte su Youtube ve ne sono due che mi hanno particolarmente colpito: la prima veramente splendida per l’eleganza e la modernità della rilettura, di Carlo Muratori, la seconda, come esempio di esecuzione vicina al sentire popolare, quella di una versione anonima, tratta dal disco “Folk Music from Italy”, di cui nulla viene però specificato se non che si tratta di una registrazione del 1956.

La forma è quella di una canzone organizzata rigidamente in strofe e ritornello. Il ritmo è quello, abbastanza consueto di un valzer lento che tuttavia, come è ben evidenziato nella versione di “Folk Music”, è pesantemente e monotonamente sottolineato dalle percussioni, privando così il ritmo di danza della sua necessaria leggerezza e creando un clima di solennità. La linea melodica, in realtà abbastanza prevedibile, non richiede particolari virtuosismi ma permette all’interprete di evidenziare le specifiche qualità espressive, come nel caso dell’anonima esecutrice di questa registrazione che accentua il pathos della vicenda rendendo più struggente il suo sentimento di frustrazione. Molto diversa e raffinata è invece la lettura di Carlo Muratori, che pur senza rinnegare il tempo di valzer e le semplici armonie della canzone tradizionale, rinnova il tessuto ritmico e armonico della canzone, riuscendo a rievocarne perfettamente, pur con nuove sonorità, le peculiarità originarie in un contesto, però, di una sensibilità attentissima alla ricerca di un sentire più intimo. L’intera interpretazione diventa così l’elegante rievocazione, preziosa, affettuosa e venata di nostalgia, di una sicilianità che è parte di noi stessi, specchio di una dimensione dell’anima, universale in quanto propria di ogni persona.