Por una cabeza (1935)
Se c’è qualcuno ormai certo, anche per i secoli futuri, del proprio inamovibile posto nell’empireo dei cantanti, quello non può essere altri che Carlos Gardel, il re del tango. Di natali francesi ma di padre non noto, crebbe molto poveramente a Buenos Aires, dove imparò il lunfardo, vera e propria impenetrabile lingua della mala portegna. La sua virile bellezza e la sua voce sinuosa e dal timbro limpidissimo e sensuale, sarebbero stati più che bastevoli, assieme ai quasi mille tanghi da lui incisi, per alimentare la sua popolarità per tutta la vita, ma la sua drammatica morte, tra le fiamme di un incidente aereo, ancor giovane e al culmine di un successo che sembrava inarrestabile, lo proiettarono definitivamente tra le eterne figure del mito.
Il tango “Por una cabeza” è uno dei più amati successi di Gardel (lo dimostrano anche le decine di reinterpretazioni fino ai nostri giorni, di altri artisti) ed è anche uno dei più conturbanti, accostando il brivido della compulsività del giocatore d’azzardo (il titolo indica, in lingua spagnola, ciò che noi, nel gergo dell’ippica chiamiamo “un’incollatura”) con l’irresistibile attrazione per la pulsione amorosa, che ti esalta ma che ti può perdere. Per un nonnulla.