BTS

Blood Sweat & Tears (2016)

Quant’è vicina la Corea, e qunto vanno in delirio, ormai, per la sua musica, i ragazzi di tutto il mondo! Di fronte al successo planetario di questi ragazzi non è più il momento di storcere il naso, atteggiandosi ad esclusivi e severi cultori di Palestrina o di Schönberg. Ma questa è solo la punta dell’iceberg del più vasto fenomeno che è il Kpop, il pop coreano, che sincretizza le strutture della musica della radizione popolare coreana con le espressoni più vivide del pop occidentale, con un esito di partcolare presa sull’immaginario del pubblico giovanile.

Il brano dei BTS, che parla della lacerante difficoltà di crescere, è stato lanciato tramite un video curatissimo e molto intenso dal punto di vista visivo, intriso di suggestioni derivanti da Brughel e Lachapelle, dal Rinascimento italiano all’iconografia sul tema della caduta di Icaro. Anche l’immagine dei componenti del gruppo è estremamente artefatta: dal look, variegatamente vistoso ed eccentrico, al trucco che sottrae ai loro visi qualsiasi venatura di espressività e qualsiasi accenno di virilità. Le immancabili coreografie rispettano gli stilemi del kpop. I motivi di così tanto successo? Forse è ancora presto per dirlo ma stupisce questa capacità di riassumere in sé così tante suggestioni riutilizzandole in una forma apparentemente nuova.

Wonder Girls

Nobody (2009)

Altro esempio di notevole rappresentatività è Nobody delle Wonder Girls. All’interno di un vero e proprio minifilm, il brano è una perfetta quanto deliziosa ricostruzione di un numero dei primi anni sessanta. Tanto maniacalmente perfetta da apparire posticcia e del tutto artificiale, del tutto stilizzata. In questo, paradossalmente, molto orientale.

[Grazie mille ad Angela, che mi ha dischiuso un mondo!]