Tomás Méndez

Cucurrucucù paloma (1954)

Strano è il destino delle canzoni. Cucurrucucù è ormai famosa in tutto il mondo, assurta ormai al ruolo di grande classico e riproposta dagli interpreti più o meno noti.

Nasce nel 1954 come una modesta canzone di coloritura destinata a un film messicano di cassetta. Il brano risponde ai canoni dello stile “huapango” che in noi suscita qualche ricordo nella visualizzazione, nei film ispanici, di un gruppo di tre musicisti con immancabile poncho e chitarre d’ordinanza. Il titolo del brano è un’onomatopea del verso della colomba nei suoi amoreggiamenti e delle collegate, immancabili pene. L’interpretazione da “mariachi” rende il brano molto funzionale al film ma… resta una canzone modesta, convenzionale e destinata, nonostante qualche suo merito, ad essere consumata velocemente nelle sale cinematografiche messicane e dimenticata. Invece…

Nel ’65 viene girato un film con lo stesso titolo. Comincia quasi per caso, la seconda vita di questa canzone in cui ogni interprete, a volte con esiti sorprendenti e interessantissimi e puntando sull’uso di diversi linguaggi musicali, reinventa il senso del brano stesso, a volte con esiti moto alti.

E’ il caso della rivisitazione di Caetano Veloso, nel film “Parla con lei” di Almodovar (2002), intensa e proiettata nell’interiorità.

Caetano Veloso

Esalta invece il virtuosismo belcantistico Juan Diego Florez

Juan Diego Florez

Sempre in direzione del virtuosismo è la splendida versione del 2003 di Patrizia Laquidara, artista di gran lunga meno fortunata che brava, che, senza accompagnamento, riesce ad esplorare tutta la gamma dei pianissimi in funzione espressiva.

Patrizia Laquidara

Infine la versione di Franco Battiato, nel 1981, in cui l’onomatopea del titolo viene completamente decontestualizzata e ridotta a pura citazione sonora, accanto ad un turbine di altre citazioni, totalmente svuotate di ogni senso e di ogni corrispondenza. Allo stesso modo il brano perde la sua fisionomia originaria, conservando solo la cellula melodica del titolo che riappare all’interno di una struttura diversa, un semplice contenitore forse del nulla.

Franco Battiato